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Hikikomori, il ritiro silenzioso di migliaia di giovani: i nuovi dati e l’allarme che arriva anche in Sicilia

Un fenomeno sommerso, spesso confuso con altre forme di disagio adolescenziale, ma che in Italia riguarda ormai decine di migliaia di giovani. È il ritiro sociale volontario, noto con il termine giapponese hikikomori, una condizione che spinge ragazzi e ragazze a isolarsi progressivamente dal mondo esterno, rinunciando alle relazioni sociali, alle attività extrascolastiche e, nei casi più gravi, anche alla scuola.

Negli ultimi mesi il tema è tornato al centro del dibattito grazie a una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), una delle prime indagini nazionali a occuparsi in modo esplicito del ritiro sociale in età adolescenziale. Uno studio che, pur con diversi limiti, restituisce numeri che impongono una riflessione urgente anche a livello regionale.

Lo studio dell’ISS

La ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità ha analizzato un campione di giovani appartenenti alla Generazione Z, concentrandosi sulla fascia 11-17 anni, quindi esclusivamente su studenti ancora frequentanti le scuole medie e superiori. L’obiettivo principale dello studio era indagare le dipendenze comportamentali (internet, social network, cibo), ma una parte rilevante dell’analisi ha riguardato anche la tendenza al ritiro sociale, includendo il fenomeno hikikomori.

Secondo i risultati diffusi, lo studio ha identificato circa 66.000 giovani che presentano caratteristiche riconducibili a una forma di isolamento sociale protratto negli ultimi sei mesi, con un’incidenza leggermente maggiore nella fascia 11-13 anni. Si tratta, però, di una stima che riguarda solo una porzione del fenomeno ovvero quella degli adolescenti che, pur essendosi isolati dalla vita sociale, continuano a frequentare la scuola, seppur spesso in modo irregolare.

Un dato quindi importante, ma ancora parziale. Come sottolinea l’Associazione Hikikomori Italia, che da anni segue direttamente famiglie e ragazzi coinvolti, il ritiro sociale volontario più grave e cronico porta spesso all’abbandono scolastico, escludendo così una quota significativa di giovani dalle rilevazioni basate sugli studenti frequentanti.

Numeri destinati a salire

Il dato dell’ISS appare coerente con un’altra ricerca condotta dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, che aveva stimato circa 54.000 casi nella fascia 15-19 anni. Incrociando le due rilevazioni, si può ipotizzare che tra i 50.000 e i 100.000 studenti italiani si trovino oggi in una fase iniziale di ritiro sociale.

Se a questi si aggiungono i giovani che hanno già abbandonato la scuola (l’età media degli hikikomori seguiti dall’associazione Hikikomori Italia è intorno ai 20 anni) le stime complessive potrebbero essere ampiamente sottovalutate. L’ipotesi più realistica, secondo l’associazione, è che in Italia gli hikikomori siano oggi tra i 100.000 e i 200.000, considerando tutte le fasce d’età e i diversi livelli di isolamento.

Un dato che sorprende: più ragazze che ragazzi

convegno a marsalaUn altro elemento emerso dallo studio ISS riguarda il genere. A differenza di quanto osservato nei casi più gravi e cronici, dove la prevalenza maschile è netta, tra gli adolescenti in fase iniziale di ritiro sociale le ragazze risultano numericamente superiori, soprattutto nella fascia 14-17 anni, dove arrivano a essere addirittura il triplo dei coetanei maschi.

Secondo gli esperti, questo dato non contraddice l’esperienza clinica e associativa. Nelle forme più moderate di isolamento le ragazze tendono a emergere di più, mentre nei casi di ritiro totale e prolungato, che durano anni, la stragrande maggioranza resta maschile.

I limiti della ricerca e il rischio di confusione

La stessa Associazione Hikikomori Italia mette però in guardia da un possibile errore di fondo, ovvero di come lo studio ISS fatica a distinguere in modo netto il ritiro sociale volontario da altre forme di isolamento legate a comportamenti antisociali, abuso di sostanze o disturbi di personalità.

Non a caso, tra i giovani più isolati emergono anche livelli più alti di ansia, depressione e impulsività, con una maggiore esposizione al consumo di sostanze. Un profilo che non coincide sempre con quello dell’hikikomori “classico”, spesso descritto come un giovane razionale, con forte autocontrollo e maggiore predisposizione alle dipendenze comportamentali, come i videogiochi.

Distinguere le diverse forme di isolamento non è un dettaglio accademico ma significa costruire interventi adeguati, evitando risposte standardizzate a problemi profondamente diversi.

L’iniziativa bocciata all’Ars

È in questo contesto che si inserisce l’iniziativa del deputato regionale e pediatra del Movimento 5 Stelle Carlo Gilistro, che ha provato a portare il tema all’attenzione dell’Assemblea regionale siciliana. Gilistro aveva presentato un emendamento alla legge di stabilità per stanziare due milioni di euro destinati a una campagna di informazione sui media sui rischi legati a fenomeni come hikikomori, ADHD, autismo e phubbing.

Un emendamento bocciato in commissione Bilancio, una decisione che Gilistro ha definito un “passo falso gravissimo”, destinato a ricadere su famiglie e sistema sanitario.
“Phubbing, ADHD e hikikomori sono poco conosciuti e proprio per questo subdoli e pericolosissimi – ha dichiarato –. Informare correttamente e in modo capillare è fondamentale per evitare danni irreparabili, con costi sociali ed economici enormi”. 

Secondo il deputato-pediatra, il nodo centrale resta quello della diagnosi precoce, soprattutto nella prima infanzia e nell’età evolutiva. “Investire oggi in prevenzione costa infinitamente meno di quanto costerà domani gestire patologie conclamate, con ricadute pesantissime sul piano sociale, educativo ed economico. Su questo la comunità scientifica è concorde”, sottolinea.

“Per riconoscere tempestivamente i segnali di un possibile ritiro sociale – spiega Carlo Gilistro – occorre prestare attenzione a tre campanelli d’allarme principali: quando i ragazzi chiedono sempre più spesso di uscire da scuola anticipatamente, quando accumulano assenze ripetute e quando abbandonano improvvisamente attività sportive o contatti con amici e conoscenti. Riconoscere questi segnali precoci può fare la differenza tra un disagio reversibile e un isolamento destinato a protrarsi nel tempo”.

Nonostante lo stop in commissione, Gilistro annuncia che il tema tornerà al centro del confronto politico già a febbraio, quando all’Ars sono in programma nuove iniziative di approfondimento e momenti di discussione dedicati alla salute mentale dei più giovani. L’obiettivo dichiarato è quello di riaprire il dibattito istituzionale e riproporre misure concrete di informazione e prevenzione.

Un percorso che, assicura il deputato, non si esaurisce con un singolo emendamento. “Da anni porto avanti iniziative su questi temi, con interrogazioni, proposte e incontri pubblici – conclude – perché ignorare fenomeni come il ritiro sociale oggi significa trovarsi domani a gestire un’emergenza molto più grande. La politica ha il dovere di intervenire prima, non dopo”.

Un’emergenza silenziosa che chiede risposte

I numeri, pur parziali, raccontano una realtà che non può più essere ignorata. Il ritiro sociale volontario non è una moda, né una semplice conseguenza dell’uso eccessivo della tecnologia, ma un fenomeno complesso, che intercetta fragilità individuali, familiari e sociali.

In Sicilia, dove mancano dati specifici ma non segnali di allarme, il tema resta ai margini del dibattito pubblico. Eppure, come dimostrano le ricerche nazionali, intervenire tardi significa intervenire peggio. Riconoscere i primi segnali, dall’abbandono dello sport alle assenze scolastiche ripetute, può fare la differenza tra un disagio reversibile e un isolamento destinato a durare anni.

di Riccardo Vaccaro
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