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Cambiamento climatico e Covid: i due problemi sanitari più rilevanti

Se io fossi foco (aumento delle temperature ed incendi) arderei lo mondo se io fossi vento (uragani e tornado) lo tempesterei se io fossi acqua (alluvioni e siccità) io lo annegherei: queste sono le parole profetiche di Cecco Angiolieri: l’umore del poeta era lo stesso umore oggi della natura che si sta ribellando al comportamento dell‘uomo che con il suo cosiddetto progresso sta  modificando il clima del nostro pianeta attentando alla nostra salute. La rivista Science in un editoriale del maggio 2020 afferma che è importante ricordare che stiamo fronteggiando un’altra importante crisi, oltre la pandemia, che minaccia l’umanità: il cambiamento climatico.

Lo sfruttamento non sostenibile dell’ambiente dovuto all’espansione dell’agricoltura intensiva, al commercio internazionale ed allo sfrenato consumo, interrompe la naturale interazione tra la fauna selvatica ed i microbi, facilitando il contatto tra la fauna selvatica e la popolazione causando le pandemie. La progressiva deforestazione sta modificando la composizione ed il comportamento di alcune specie. La delocalizzazione dei pipistrelli dal loro habitat naturale provoca il passaggio (spillover) dei virus ad altri animali (ospiti intermedi) e l’espansione delle attività umane, favorisce il contatto con gli animali ospiti intermedi provocando l’attuale pandemia da Covid.19 come suggerito dall’IPBES (Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services).

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Adesso la nostra salute è minacciata da due eventi interconnessi tra loro: il virus ed il clima ed abbiamo poco tempo per adottare le misure adeguate per fronteggiare il problema.

Secondo il Lancet Countdown 2020 (documento prodotto da una collaborazione internazionale nella rivista Lancet) i problemi sanitari più rilevanti saranno la mortalità per l’incremento delle temperature, per l’inquinamento atmosferico, per l’incremento delle malattie infettive, per la riduzione dei terreni coltivabili con problemi di denutrizione nei paesi sottosviluppati, per gli eventi climatici estremi con alluvioni, incendi e siccità.

Il P.M 2_·5 (classificazione numerica delle polvere sottili in base alla dimensione delle particelle: particelle aventi dimensioni eguali o minori di 2.5 micron) è stato il 5° fattore di rischio della mortalità nel 2015. L’esposizione a PM 5 ha causato 4.2 milioni di morti rappresentando il 7.7% totale della mortalità globale. 290.000 morti per colpi di calore sono stati rilevati nel 2018. La riduzione della durata della crescita dei terreni agricoli nel 2019 andava dall’1.8% al 5.6% danneggiando gli sforzi per risolvere la denutrizione. Inoltre le emissioni indotte dagli allevamenti sono cresciute del 16 % dal 2000 al 2017. L’eccesso di consumo di carne contribuisce a circa 990.000 morti, inoltre, 1.4 milioni di morti nel 2017 sono da attribuire a malattie cardiovascolari da dieta povera di omega 3.

A questi dati bisogna aggiungere la mortalità connessa agli eventi climatici estremi legati al cambiamento climatico. Per il Covid-19 abbiamo avuto nel 2020 due milioni di morti, un numero inferiore a quello delle conseguenze del cambiamento climatico.

Il rischio di infezione da Covid aumenta in rapporto agli eventi estremi perché il dislocamento delle popolazioni successivo a questi eventi determina sovraffollamento con maggiore diffusione del virus. Le alte temperature non sembrano inibire la diffusione del virus ma sicuramente possono indurre la popolazione ad usare meno la mascherina e favorire la raccolta di persone in ambienti chiusi condizionati.

Inoltre il contemporaneo verificarsi di problemi sanitari legati al cambiamento climatico con i problemi conseguenti alla pandemia determinerà un sovra-affollamento nei servizi sanitari mettendo in crisi la loro efficienza.

L’unico aspetto positivo della pandemia è che gli interventi di lockdown in quasi tutte le parti del mondo hanno ridotto il livello di Co2 (riduzione dal 6 al 17% nell’anno 2020)e conseguentemente i consumi da fonti di energia fossile (soprattutto trasporti). Giani e collaboratori, in un lavoro sulla rivista Lancet Planetary Health, hanno previsto una riduzione di 90.000 morti premature legate all’inquinamento con il lockdown da aprile 2020. Gli autori arguiscono che il miglioramento della qualità  dell’atmosfera, raggiunto coi provvedimenti adottati per la pandemia, è sicuramente un obbiettivo importante da raggiungere .

Pertanto alla luce di quanto detto i principali obbiettivi sanitari per il 2021 sono: ridurre l’aumento delle temperature, l’inquinamento dalle fonti di energia da carbone e combustibili fossili, il consumo di carne, conservare le aree protette, ridurre gli allevamenti intensivi e favorire la riforestazione per ridurre la Co2, riportare i pipistrelli (utili nell’ecosistema) nel loro habitat naturale ed infine la distribuzione del vaccino anti Covid-19 a tutta la popolazione mondiale

Per ottenere ciò, sostiene l’IPBES, è necessario un cambiamento radicale, che usando l’evidenza dalla scienza, rivaluti la relazione tra uomo e natura e riduca le modificazioni ambientali globali determinate da un consumo insostenibile da cui consegue perdita della biodiversità, cambiamento climatico ed emergenze pandemiche.

Articolo a cura del Professore Mario Cottone

di Redazione
© Riproduzione Riservata
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