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“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi” ai tempi del Coronavirus

In questo mese di emergenza da Covid19, stiamo assistendo ad una rivalutazione sia della scienza sia del ruolo degli operatori sanitari da parte dei cittadini: gli uni e gli altri, nello stesso momento, si ammalano, guariscono o muoiono della stessa malattia e, alle chiamate di solidarietà ed assistenza volontaria, rispondono in tanti.  Così, su questi temi, mi sono imbattuta in uno scambio di opinioni con Paolo Procaccianti, professore ordinario in pensione di Medicina Legale dell’Università di Palermo.

“La paura per l’epidemia da Coronavirus ha sconvolto le nostre esistenze, ci ha messo di fronte ad un nemico sconosciuto, che ha disvelato le fragilità del nostro sistema sanitario e quelle umane di fronte ad un avversario insidioso. Nell’eterna distanza tra la Sanità del Nord, capace di dispiegare in breve tempo tutte le risorse organizzative di cui è capace, e la Sanità del Sud, in eterno affanno, si combatte il nemico negli ospedali attraverso gli operatori sanitari. Fino a ieri gli operatori sanitari erano dipinti come responsabili unici dei casi di malasanità, troppo spesso vittime di violenza e bersaglio delle più intime paure quando non si accetta il fallimento della medicina o non si raggiunge il risultato sperato. Oggi, invece, vengono definiti eroi. Si prende improvvisamente coscienza della forza della scienza per far fronte a questa Pandemia, dell’importanza del lavoro svolto dai ricercatori, del coraggio di uomini e donne chiamate a combattere sul fronte della Sanità. Tutto questo viene valorizzato e amplificato con un’enfasi a volte eccessiva, forse dettata dalla paura del momento, ma che non rende giustizia del lavoro quotidiano che rappresenta la normalità e che è la forza del nostro Sistema Sanitario Nazionale.”

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Perché cosa succede nella cosiddetta normalità?

“Nell’ordinario, quando tutto procede regolarmente o quasi, il ruolo degli operatori sanitari forse è dato per scontato, quel lavoro così difficile, lastricato da insidie organizzative, incertezze scientifiche ed errori umani. Sì, errori umani, quelli che possiamo fare tutti quando la ripetitività di un gesto, un pensiero negativo o la stanchezza ci fanno deviare da un percorso. Ci accorgiamo improvvisamente dell’umanità di questi gesti, non perché siamo diversi rispetto al passato, ma perché la nostra percezione è cambiata. Il rapporto tra gli operatori sanitari e i malati e i loro familiari si è improvvisamente trasformato in un legame profondo che sembra saldato da un sentimento di fiducia, speranza, condivisione di una paura, consapevolezza di un trattamento incerto che non sempre porta a guarigione, ma che si affronta insieme.

Vorrei che quando tutto questo sarà finito conservassimo memoria del valore di questo legame, dei gesti di solidarietà e condivisione, di questo sentire comune, dell’affidamento e della gratitudine. Tutti i professionisti della sanità ogni giorno indossano una divisa, i loro volti sono nascosti dietro una mascherina e una visiera, con il volto segnato dalla fatica, lavorano spesso a mani nude e presidiano con coraggio l’avamposto del diritto alla Salute, di questo dobbiamo ricordarcene ogni qualvolta varcheremo la soglia di un pronto soccorso.”

E cosa si può fare per non far dimenticare tutto questo?

“Mi chiedo se non è il momento di ripensare al nostro Sistema Sanitario Nazionale a come poterlo valorizzare al meglio, al di là dei Regionalismi che lo hanno ingiustamente frammentato in molteplici realtà. Dobbiamo pensare agli operatori sanitari con più orgoglio, anche attraverso delle scelte politiche significative e coraggiose. Ripensare al procedimento penale per un professionista della Sanità che ha svolto soltanto il suo lavoro forse sarebbe il primo passo. L’articolo 590 sexies del codice penale inerente la “responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario” di fatto ha aggravato la pressione sui medici in quanto ha incastrato la condotta dei sanitari in un sistema di linee guida e buone pratiche dal carattere prescrittivo. La responsabilità dei professionisti sanitari in ambito penale andrebbe dunque ulteriormente attenuata. Sarebbe auspicabile un impianto normativo che escluda la responsabilità penale del professionista sanitario in tutti i casi di colpa generica di grado lieve, delimitando la responsabilità ai soli casi di colpa grave. È concettualmente difficile accettare che la condotta di un sanitario, quando rivolta alla cura dei suoi pazienti, possa connotarsi di profili di rilevanza penale. Chi sceglie una professione sanitaria ha una missione che è prioritariamente rivolta al bene degli altri. La cronaca di questi giorni dimostra quanti medici e infermieri hanno risposto alla chiamata d’aiuto, rischiando la vita in prima persona. Ogni sanitario conserverà nel proprio cuore ogni paziente che è riuscito a curare e guarire o che ha purtroppo perso. Questo non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo, così come non dimenticheremo coloro che purtroppo sono morti per fare il loro lavoro. Auguriamoci, dunque, che tutto questo induca almeno nell’opinione pubblica una diversa considerazione per questa professione, a volte così amara e difficile.Nessuno vuole essere eroe, nessuno vuole morire da eroe, ma tutti ogni giorno lavorano silenziosamente affinché il complicato meccanismo sanitario funzioni, per il singolo cittadino e per la collettività, così come dettato dalla nostra Costituzione.”

Valeria Militello

di Valeria Militello
© Riproduzione Riservata
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