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Cure a carico dei pazienti: il “reddito di salute” una possibile soluzione per ridurre i costi

Di “Reddito di Salute” se ne parla dai primi di dicembre del 2018, da quando la fondazione Farefuturo l’ha proposta alla Camera, nel corso di un convegno.

Secondo la proposta, il reddito di salute si potrebbe realizzare attraverso il reddito di cittadinanza (di cui costituirebbe una componente) o con l’assegnazione di un voucher di scopo, per pagare un’assicurazione sanitaria integrativa.

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Potrebbe essere la soluzione per garantire a tutti di curarsi a costi ridotti, così come ad esempio già avviene da anni in Francia per tutti coloro che ancora non dispongono di una polizza o di un fondo sanitario.

Un “secondo pilastro” insomma, come è stato definito quello dell’assicurazione sanitaria integrativa, permetterebbe a tutti i cittadini di curarsi nel rispetto dei principi di solidarietà, universalismo e uguaglianza che sono alla base del nostro sistema sanitario.
Per finanziare questo aiuto, lo Stato, da parte sua, potrebbe darsi maggiormente da fare per recuperare quanto mal gestito in detrazioni e attingere agli aiuti messi a disposizione dai fondi sociali europei (si potrebbe recuperare una dotazione aggiuntiva compresa tra 7 e 10 mld).

Dalla collaborazione tra la maggiore compagnia assicurativa specializzata nell’assicurazione sanitaria (RMB Assicurazione Salute Spa) e il Censis, un centro studi che dal 1964 effettua ricerche in campo economico e sociale, è stato realizzato un accurato rapporto.

Dal rapporto emerge che mediamente ogni cittadino paga annualmente di tasca propria 655 euro per spese sanitarie.

Nel 2017 sono state 150 milioni le prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dagli italiani, per una spesa complessiva di circa 40 miliardi di euro. Su una spesa complessiva di 39,7 miliardi in cure che i cittadini pagano di tasca propria, solo il 15% è stato rimborsato da forme sanitarie integrative.
Sono stati più di 11 milioni gli italiani costretti persino ad indebitarsi per pagare queste spese, 7 milioni hanno dovuto intaccare i propri risparmi e 3 milioni sono stati costretti a vendere casa.

Alla luce di questi dati, risulta che la creazione del “secondo pilastro” potrebbe essere rappresentato da una polizza sanitaria per tutti i cittadini o da un fondo sanitario integrativo, in grado di realizzare “una congiunzione tra le strutture sanitarie private (erogatori) e dei cosiddetti terzi paganti professionali (le Forme Sanitarie Integrative, appunto) con una funzionalizzazione della Sanità Privata a tutela della salute dei cittadini“.

I vantaggi di questo sistema? 

Con il “reddito di salute” si ridurrebbero le disuguaglianze tra aree ricche e povere. La spesa sanitaria di tasca propria (out of pocket) è la più grande forma di disuguaglianza in sanità poiché mette i cittadini nella condizione di poter accedere alle cure solo in ragione della propria capacità reddituale.

Inoltre, il rapporto parla di un risparmio minimo di 12 miliardi fino a un massimo di 20, a seconda del modello adottato, a fronte di un investimento che non supererebbe il miliardo, risparmio di cui, naturalmente, come anticipato, beneficerebbero anche i cittadini sulla spesa sanitaria privata, un risparmio medio di quasi 245 euro.

In conclusione, aderire a una forma sanitaria integrativa, grazie al reddito di salute o al voucher per l’associazione sociale integrativa, potrebbe costare al cittadino poco più di 50 centesimi al giorno, con una contestuale riduzione dei costi sostenuti per le cure pagate di tasca propria di oltre il 50%”.

di Giuseppe Natoli
© Riproduzione Riservata
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