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Muscolo ed esercizio fisico: nuove scoperte da un gruppo di ricercatori palermitani

Qualche giorno fa è apparso, sulla prestigiosa rivista internazionale americana FASEB Journal (l’organo scientifico ufficiale della Federazione Americana delle Società di Biologia Sperimentale) un articolo riportante uno studio originale condotto da ricercatori italiani e americani capitanati da Rosario Barone, Professore di Anatomia Umana del Dipartimento di Biomedicina, Neuroscienze e Diagnostica avanzata e del Corso di Laurea in Scienze Motorie.

Lo raggiungiamo e gli chiediamo di raccontarci di cosa parla questo importante lavoro scientifico.

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<< Negli ultimi 10 anni abbiamo focalizzato la nostra attività di ricerca, in collaborazione con altri colleghi di Palermo e di altre Università, sullo studio dell’adattamento del muscolo scheletrico a differenti tipi di stress e in particolare all’esercizio fisico. Per far comprendere meglio i risultati ottenuti in quest’ultimo studio, vorrei quindi per prima cosa descrivervi brevemente alcuni aspetti anatomici del muscolo scheletrico.

Il muscolo è costituito da fasci di fibre muscolari scheletriche, ciascuna delle quali rappresenta l’elemento cellulare cardine. Queste fibre, a differenza della muscolatura liscia e di quella cardiaca, sono molto sviluppate in lunghezza e plurinucleate. Infatti, queste fibre derivano dalla fusione di più elementi cellulari (dette cellule satelliti) in epoca embrionale ma non solo, perché la rigenerazione muscolare avviene nell’arco dell’intera vita dell’individuo. Quindi l’elemento cellulare è la fibra, più fibre si combinano a formare un fascio, più fasci si combinano a formare un muscolo.

L’altro elemento di interesse funzionale è il rivestimento connettivale (vedasi figura) che è presente sia intorno alla singola fibra (endomisio), sia intorno al fascio (perimisio), sia intorno al muscolo (epimisio). Questi rivestimenti rendono autonoma la contrazione delle fibre e dei fasci muscolari, cosa che ad esempio non si verifica quando il muscolo è infiammato e risulta per questo dolente.

Il contenuto della fibra muscolare (il citoplasma, detto sarcoplasma) è occupato in gran parte dalle miofibrille, quest’ultime formate da filamenti di sostanze proteiche (actina e miosina). Spenderò adesso qualche parola in più proprio sulla miosina.

La miosina è una proteina filamentosa formata da due catene pesanti della miosina (Myosin Heavy Chain – MHC), con una coda a α-elica e una testa globulare con attività ATPasica in grado di legarsi ai filamenti sottili dell’actina. In corrispondenza del suo “collo” (regione di passaggio fra testa e coda) sono associate quattro catene leggere della miosina (Myosin Light Chain – MLC) che possono essere raggruppate a due a due.

In generale ciascuna fibra muscolare contiene solo un gene MHC associato a due geni MLC, creando una popolazione eterogena di fibre muscolari. Tuttavia, del gene MHC esistono differenti isoforme. Il muscolo scheletrico umano presenta tre differenti isoforme di MHC, precisamente le MHC-I, MHC-IIa e MHC-IIx.

La prestazione contrattile delle fibre muscolari scheletriche dipende molto dalla proporzione delle diverse isoforme delle miosine. Anche per questo motivo le fibre vengono classificate in fibre lente (contengono prevalentemente le MHC-I), fibre veloci (contengono prevalentemente le MHC-IIx) e fibre intermedie (contengono prevalentemente le MHC-IIa).

I diversi muscoli scheletrici del nostro corpo presentano quindi differenti caratteristiche strutturali, biomeccaniche, metaboliche, etc., e le miosine a catena pesante hanno sicuramente un ruolo fondamentale nella loro caratterizzazione morfofunzionale.

Ciò che ci ha spinto a condurre questo studio è stato l’aver notato la scarsa attenzione alle differenze sulla distribuzione delle miosine nei diversi muscoli scheletrici tra maschi e femmine.

In questo lavoro noi mostriamo per la prima volta come muscoli dell’arto inferiore (in particolare, il soleo e l’estensore lungo delle dita) hanno una differente distribuzione delle miosine tra i due sessi. Abbiamo scelto questi due muscoli in quanto, pur avendo una dimensione simile, differiscono sia dal punto di vista biomeccanico (il soleo permette la flessione plantare del piede, mentre l’estensore lungo delle dita la flessione dorsale del piede e delle dita) sia per la distribuzione delle miosine (il soleo è considerato un muscolo posturale, in quanto ricco di fibre lente, a differenza dell’estensore lungo delle dita, che invece è ricco di fibre veloci).

I nostri risultati sono stati particolarmente apprezzati dai revisori e dall’editor della rivista in quanto hanno mostrato non solo significative differenze nella distribuzione delle miosine tra maschio e femmina, ma anche che l’esercizio acuto determinava una differente risposta genica di altre proteine chiave per l’omeostasi muscolare, quali il principale promotore della biogenesi mitocondriale (PGC1α), una proteina da stress mitocondriale (Hsp60) e la miochina IL-6.

Questi risultati, quindi, da una parte aggiungono un nuovo tassello al puzzle della risposta acuta del muscolo scheletrico dopo esercizio fisico, dall’altra ci fanno vedere una diversa risposta fisiologica del muscolo scheletrico all’esercizio, in base non solo al tipo di allenamento ma anche al sesso, e la metodologia da noi adoperata potrà essere applicata da altri ricercatori nel mondo per studiare altri tipi di muscoli. Infine, i nostri risultati supportano la convinzione che bisognerebbe personalizzare, in base al sesso, i protocolli di allenamento e di esercizio fisico dei soggetti di tutte le età, al fine di migliorarne le prestazioni e, complessivamente, il loro stato di benessere >>.

Il lavoro integrale può essere letto a questo link:

https://faseb.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1096/fj.202002173R

(Nota: la figura è presa dal libro “Anatomia” a cura di Francesco Cappello, Idelson Gnocchi, 2018. Si ringrazia l’editore).

 

Di Ranieri di Pisa

di Redazione
© Riproduzione Riservata
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