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Infermieri sempre più rari, in Sicilia ne mancano oltre tremila. Amato (OPI): “Servono più stipendi, carriera e specializzazioni”

In Sicilia il personale infermieristico è insufficiente rispetto ai bisogni della popolazione, e le difficoltà strutturali del sistema regionale sembrano rendere la soluzione ancora lontana. Ad oggi, si stima una carenza di oltre 3.000 infermieri. Ma il problema non è solo numerico ma è anche economico, organizzativo e culturale. A certificare la crisi è il primo Rapporto sulle Professioni Infermieristiche della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), presentato a Roma. Con appena 3,54 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Isola si colloca agli ultimi posti in Italia, ben al di sotto della media nazionale di 4,79. Peggio fanno solo Lombardia (3,53) e Campania (3,57). In cima alla classifica, invece, si trovano regioni come la Liguria (6,3), l’Emilia-Romagna (6,25) e il Friuli Venezia Giulia (6,13).

“Partiamo dal presupposto che la Regione ha un problema economico, legato al piano di rigenerazione a cui deve attenersi per le assunzioni”, spiega Antonino Amato, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche (OPI) di Palermo. “Le dotazioni organiche delle aziende sanitarie sono spesso calcolate non sul reale fabbisogno, ma sulla base di una massa finanziaria disponibile”.

A rendere meno attrattiva la professione concorre anche l’assenza di prospettive. “Uno stipendio iniziale che si aggira intorno ai 1.700 euro, con scarsi margini di crescita, e nessuna reale possibilità di avanzamento di carriera. Un infermiere entra a 25 anni e va in pensione a 65 spesso con la stessa mansione. È chiaro che molti giovani puntano ad altre professioni, magari medicina”, prosegue Amato.

Accanto alla carenza strutturale di personale infatti, pesano anche le disparità salariali. Mentre in Trentino-Alto Adige uno stipendio medio si aggira sui 37.204 euro l’anno, in Campania e Molise si scende rispettivamente a 27.534 e 26.186 euro. La Sicilia, pur non indicata nel dettaglio, appare allineata al Sud Italia, dove le retribuzioni sono tra le più basse del Paese. Eppure il fabbisogno cresce, specie in un contesto di invecchiamento della popolazione. Il recente rapporto della Federazione nazionale OPI ha evidenziato come l’età media si sia alzata fino a superare gli 80 anni, con un conseguente aumento delle patologie croniche e complesse che richiedono assistenza continua. “Ci troviamo di fronte a una cronicizzazione dei bisogni di cura, che richiede un’assistenza continua e di prossimità. Proprio quella che dovrebbe essere garantita dal nuovo modello previsto dal DM77″, afferma Amato.

La questione degli infermieri stranieri

In Italia lavorano oltre 43.000 infermieri provenienti dall’estero. Anche su questo fronte, la Sicilia si trova impreparata. “Accogliere personale straniero può essere una risposta alla carenza, ma deve essere una scelta governata. Spesso arrivano con competenze non perfettamente in linea con i nostri standard e con una conoscenza insufficiente della lingua italiana, il che rende difficoltosa la relazione con i pazienti“, osserva Amato.

La Federazione OPI nazionale sta lavorando con il Ministero per stabilire protocolli che verifichino non solo la validità formale dei titoli esteri, ma anche la qualità e l’aderenza delle competenze maturate nei paesi di origine. “Non tutte le nazioni adottano standard simili ai nostri. Servono criteri chiari per evitare problemi nella pratica clinica”.

Un cambiamento possibile

Secondo Amato, però, invertire la rotta è possibile. “Servono tre azioni fondamentali: un aumento della retribuzione, la possibilità di carriera interna e l’introduzione delle specializzazioni cliniche”. A questo proposito, sottolinea l’importanza dell’introduzione dei nuovi corsi di laurea magistrale già partiti da ottobre 2024: “Non più solo management sanitario, ma percorsi di specializzazione clinica che valorizzino davvero le competenze”. L’Ordine, nel frattempo, continua a portare avanti campagne di sensibilizzazione nelle scuole per far conoscere la professione. “In molti ignorano quanto l’infermiere oggi sia centrale nel sistema sanitario. Abbiamo competenze avanzate e sempre più riconosciute anche a livello europeo”.

Un problema anche politico

La Sicilia è stata tra le prime regioni ad approvare una legge per introdurre la dirigenza infermieristica, ma, denuncia Amato, “non l’ha mai realmente applicata. Al nord, in regioni come la Toscana, la programmazione assistenziale è stata affidata a dirigenti infermieristici con ottimi risultati. Da noi siamo ancora indietro”.

E conclude con un monito: “Durante il Covid si diceva che senza infermieri non ce l’avremmo fatta. Oggi, quando si tratta di programmare il futuro, ce ne si dimentica. Eppure, senza una vera valorizzazione dell’infermieristica, l’intero sistema sanitario rischia di andare in crisi”.

di Riccardo Vaccaro
© Riproduzione Riservata
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