Sanità in Sicilia

Suicidio assistito, Amato: “I medici non saranno i pubblici ufficiali del fine vita”

No al suicidio assistito. I medici non saranno i pubblici ufficiali che accompagneranno i malati irreversibili verso il fine vita. Da ottobre, a Palermo, saranno obbligatori corsi di deontologia medica perché tutti i professionisti conoscano regole e orientamenti prima di esercitare la loro attività. Inizieremo il 3 ottobre a Villa Magnisi, in occasione del giuramento professionale dei nuovi iscritti, e come componente del comitato direttivo della Federazione nazionale (Fnomceo), proporrò di estendere l’obbligatorietà agli Omceo di tutta Italia“.

Questo l’orientamento di tutti gli Ordini siciliani guidati dal presidente Toti Amato dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, secondo la quale non è più punibile chi agevola il suicidio di persone sottoposte a trattamenti sanitari di sostegno vitale e “affette da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili“.

La Consulta si è pronunciata definendo il perimetro in cui può avvenire il suicidio assistito “in attesa di un indispensabile intervento del legislatore” e di un pubblico ufficiale che accompagni verso il fine vita il malato. “La volontà degli ammalati terminali va rispettata – spiega Amato – ma il riconoscimento del valore etico di un’intera storia medica, garantito dai principi ispiratori di scienza e coscienza, autonomia e indipendenza della professione, non potrà essere mai essere messo in discussione da una decisione del paziente assicurata da una legge come unico criterio di riferimento del comportamento dei medici“.

Il nostro compito è curare e per quanto possibile guarire, un principio sancito dal codice deontologico che ‘vieta ogni atto che produca morte’. Ci auguriamo perciò – rimarca il presidente dei medici siciliani – che il parlamento chiami un pubblico ufficiale dello Stato e non un medico ad avviare la procedura del suicidio assistito, e non legiferi una seconda Dat (Disposizioni anticipate di trattamento), che nei fatti abolisce l’obiezione di coscienza. Se da un lato i medici, infatti, possono rifiutarsi di sospendere un trattamento vitale senza avere responsabilità civile o penale, dall’altro può farlo solo a condizione che ci sia un altro medico disposto ad eseguire la volontà del paziente“.

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© Riproduzione Riservata
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