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Social media nel luogo di lavoro: tra privacy dei pazienti e compromissione dell’immagine professionale

Nell’intento di preservare quell’immagine professionale tipica del passato viene richiesto ancora oggi agli infermieri, durante l’attività lavorativa, di non indossare gioielli, di non utilizzare smalti dai colori appariscenti, di legare i capelli o sfoltire la barba ed indossare divise sempre in ordine. Al giorno d’oggi contestabile, ma queste norme sono regolate dall’Art. 45 del Codice Deontologico che cita: “L’Infermiere cura la propria persona e il decoro personale” ed in quanto norme, una loro mancata osservanza può determinare provvedimenti disciplinari per il professionista.

foto imbarazzanti

Salemi_mobile

Contenuti personali postati in rete che ritraggono tatuaggi inquietanti, uso di superalcolici, o pose imbarazzanti non danno certo quell’immagine ideale di professionista sanitario che ci si augura di incontrare in caso di necessità.

E’ noto inoltre che, condividere foto o selfie scattati sul luogo di lavoro sui social network, soprattutto se violano la privacy del paziente, può diventare giusta causa di licenziamento.

Il Ministero della salute si è espresso a tal proposito con una circolare chiarendo che “le attività di spettacolarizzazione mettono a rischio il rispetto della privacy del paziente compromettendo l’immagine degli stessi sanitari oltre che il rapporto di fiducia fra paziente e sistema sanitario nel suo complesso” richiamando alla “necessità del rispetto dell’etica professionale”.

Ma fuori dalle ore lavorative? Che ruolo hanno i social media nell’immagine professionale di un professionista sanitario?

selfie

L’Art. 28 del nuovo Codice Deontologico dell’infermiere, in tema di Comportamento nella comunicazione cita: “l’infermiere nella comunicazione, anche attraverso mezzi informatici e social media, si comporta con decoro, correttezza, rispetto, trasparenza e veridicità̀; tutela la riservatezza delle persone e degli assistiti ponendo particolare attenzione nel pubblicare dati e immagini che possano ledere i singoli, le istituzioni, il decoro e l’immagine della professione”.

social media in ambito sanitario, se ben utilizzati possono rappresentare un mezzo di comunicazione efficace e veloce tra professionisti e cittadini ma richiedono una maggiore responsabilità nel loro utilizzo. Un uso improprio dei social media può infatti determinare una inappropriata diffusione di notizie non evidence based, la violazione della riservatezza di informazioni sanitarie sensibili, la violazione della privacy di pazienti o colleghi e la compromissione dell’immagine professionale stessa.
Nel contesto sanitario, infatti, un utilizzo non pertinente dei social media si può riflettere lungo tutti i livelli del rapporto tra l’assistito e il sistema sanitario: il rapporto paziente/cittadino, il rapporto tra professionisti e tra questi e l’organizzazione.

Pazienti sempre più connessi e sempre più social spesso richiedono l’”amicizia virtuale” ai professionisti sanitari al termine della relazione di cura o durante la stessa. Ma la relazione terapeutica tra professionista sanitario ed assistito non termina sul luogo di cura; essa, nell’era del Web 2.0, continua anche a distanza e dovrebbe differire sia in modo sia formale, sia sostanziale dalla relazione sociale.

Per mantenerla entro i confini professionali, anche online, è bene valutare l’opportunità di “accettare l’amicizia” degli assistiti sui social media o “favorire l’accesso degli assistiti” su siti personali o sociali. Concedere loro di entrare nella vita privata di chi li ha assistiti non dovrebbe in alcun modo provocare un senso di perdita di fiducia, sarebbe infatti opportuno mantenere la “relazione online” entro i confini professionali anche con i familiari ed i caregivers.

La professionalità di un individuo è attesa dall’utente anche nell’utilizzo dei social media o di altre forme di comunicazione elettronica. La professionalità va tutelata anche online: la fiducia dell’assistito nei confronti dell’infermiere e l’immagine della professione infermieristica sono fortemente condizionate dalla professionalità espressa dal professionista e percepita dagli assistiti e dal loro entourage, anche attraverso la comunicazione.

infermieri

Nonostante la professione detti norme etiche e morali di condotta professionale ogni persona ha diritto di vivere liberamente la propria vita privata, fuori dalle ore lavorative, come ritiene opportuno, cercando però di limitare la visibilità di alcuni contenuti.

Resta dunque il fatto che un professionista sanitario che si rispetti dovrebbe sviluppare il buon senso e fare un uso consapevole dei social media evitando di postare contenuti compromettenti o che possano ledere la sua immagine professionale.

I social possono essere utilizzati come contenitori di ricordi se usati in privato, o possono essere di dominio pubblico se lo si preferisce.

Nel secondo caso bisognerebbe ricordare sempre che aver scelto la professione infermieristica comporta il Sapere, il Saper fare, ma soprattutto, il Saper Essere Infermiere.

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di Marika Lo Monaco
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