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Sindrome dell’intestino irritabile, l’alimentazione è una possibile terapia?

La sindrome dell’intestino irritabile (IBS acronimo inglese che sta per Irritable Bowel Syndrome) affligge in media il 20% della popolazione adulta e rientra nei disturbi funzionali del tratto gastrointestinale, definiti negli ultimi criteri Roma IV come: ”Un gruppo di disturbi identificati da sintomi gastrointestinali correlati a: disturbi della motilità, ipersensibilità viscerale, alterazione della funzione mucosa e immunitaria, alterazione del microbiota intestinale e alterazione dell’elaborazione del sistema nervoso centrale”. I sintomi ricorrenti nell’IBS sono pancia gonfia, crampi, distensione addominale, meteorismo/flatulenza, diarrea alternata a stitichezza. La diagnosi non è semplice e spetta al medico escludere la presenza di patologie organiche che possano essere responsabili degli stessi sintomi.

La causa dell’IBS non è ancora stata chiarita del tutto, c’è probabilmente un legame tra una alterata interazione intestino-cervello e una disbiosi intestinale.

Roma IV sottolinea che la migliore gestione dei disturbi funzionali del tratto gastrointestinale richiede un approccio multidisciplinare che preveda un intervento biopsicosociale, considerando:

  • Fattori psicosociali: stress, personalità, stato psicologico, supporto sociale.
  • Fisiologia: motilità, sensazione, funzione immunitaria, microflora, cibo, dieta.

Poiché il 60% dei pazienti riferisce insorgenza di sintomi gastrointestinali a seguito dell’assunzione di determinati alimenti, negli ultimi anni numerosi studi sono stati incentrati sull’efficacia delle diete di esclusione. In particolare nel 2001 un gruppo di ricercatori Australiani ha scoperto che ad aumentare i sintomi dell’IBS sono alcuni carboidrati presenti nei cibi. Si tratta di carboidrati a catena corta scarsamente assorbibili (FODMAPs – oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili), giunti nel colon vengono fermentati dalla flora batterica intestinale con conseguente produzione di gas e richiamo d’acqua per osmosi. La dieta Low-FODMAPs prevede una prima fase di eliminazione di carboidrati fermentabili e la successiva reintroduzione in maniera mirata e controllata. Il 75% dei pazienti sottoposti a dieta low-FODMAPs ha registrato un significativo miglioramento dei sintomi.

È fondamentale ricordare che le restrizioni dietetiche devono essere limitate solo agli alimenti per i quali esista una chiara associazione con la comparsa di sintomi, eventuali diete di eliminazione devono sempre essere attuate con il supporto di nutrizionisti esperti, al fine di evitare l’insorgenza di carenze nutrizionali.

di Raffaella Mallaci Bocchio
© Riproduzione Riservata
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