Sanità in Sicilia

Sanità privata o sanità pubblica: il diritto alla salute tra economia, velocità e prestazioni salva-vita

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. L’articolo 32 della Costituzione Italiana, purtroppo, sembra esser sempre più lontano dalla realtà.

Lo stato dovrebbe garantire questo diritto attraverso il Sistema sanitario nazionale che consente a tutti i residenti in Italia l’accesso alle cure e dovrebbe far sì che la salute sia un “bene universale e fruibile”.

La sanità privata, però, prende sempre più piede. A dimostrarlo sono stati i finanziamenti per “aiutare” ad abbattere le liste d’attesa, mentre le aziende pubbliche vengono sempre meno finanziate.

In Sicilia

L’Isola, secondo i dati aggiornati di Aiop Sicilia, ha 61 strutture ospedaliere private da cui vengono erogate mediamente 700.000 prestazioni ospedaliere, di queste oltre 188.000 pari al 25,70% vengono assicurate dagli istituti di cura di diritto privato che incidono sulla spesa regionale per il 12% circa. L’Aiop rappresenta in Sicilia 47 istituti di diritto privato con 4.303 posti letto e 6906 unità di forza lavoro.

Nel 2022 si sono registrate in Sicilia nel complesso prestazioni chirurgiche 230.723 in regime ordinario (Fonte Prod) di cui il 31,3% pari a n.72.305 assicurate dal comparto privato.
Gli Istituti di cura di diritto privato della provincia di Palermo effettuano oltre 60.300 prestazioni pari al 32.24% di quelle totali assicurate dal comparto. Rispetto al dato complessivo registrato in Sicilia assicurano l’8,6% delle prestazioni totali, assicurando ben 21.963 interventi chirurgici sui 230.723 totali registrati in regime ordinario (Fonte Prod) pari al 9,5%. Nella provincia di Palermo, i 3 punti nascita esistenti con circa 3.000 parti anno coprono quasi il 9% dei parti totali registrati in Sicilia 35.000 circa.

La sfera economica

La spesa sanitaria italiana pubblica, secondo il recente Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato, ha toccato quota 129,2 miliardi a cui vanno sommati altri 40 miliardi di spesa out of pocket per arrivare ad un totale di quasi 170 miliardi, con un aumento del disavanzo (ante coperture) a 1,4 miliardi. Nonostante ciò, la rinuncia alle cure si aggrava nelle fasce sociali svantaggiate. Difatti, il 37% della popolazione riferisce di avere molte difficoltà ad arrivare a fine mese con le risorse di cui dispongono.

Secondo il Bilancio sociale aggregato dell’Aiop, l’Associazione Italiana Ospedalità Privata, le aziende accreditate assicurano più di 1/4 dei ricoveri nazionali, impiegando circa 1/10 della spesa complessiva. Il 92% di tutto il valore economico generato dalla componente di diritto privato del Sistema sanitario viene ridistribuito al territorio, sotto forma di indotto per la filiera di produzione (96mila fornitori diretti nelle sole strutture del campione), di coinvolgimento di professionisti (per un totale di oltre 73mila unità), di gettito fiscale e di contributo al Terzo Settore. Nell’8% che viene trattenuto, inoltre, occorre considerare tutti gli investimenti in Ricerca e sviluppo e in ammodernamento degli ambienti e delle tecnologie.

Per l’abbattimento delle liste d’attesa le Regioni stanno utilizzando una quota non superiore allo 0,4% del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno 2024. Il valore è di 520 milioni di euro.

“La spesa sanitaria tornerà a segnare delle riduzioni nel biennio 2023-2024. Nel 2025 si prevede la sua stabilizzazione, a ragione dei minori oneri connessi alla gestione dell’emergenza epidemiologica”. È quanto si legge nella Nadef approvata dal Governo e appena pubblicata dal Mef che aggiorna anche per la sanità le previsioni economiche per i prossimi anni.

Le differenze nelle prestazioni

La sanità pubblica, oltre ad erogare le prestazioni, svolge attività di prevenzione che ha sempre poco interessato i soggetti privati.

Acuzie, emergenza, ospedalità sono ancora prevalentemente presidiata dalla sanità pubblica a differenza, ad esempio, della medicina dello sport e del lavoro, con una presenza molto significativa di operatori sanitari autonomi ma in convenzione o privati.
Aumentano le Rsa, residenze di vario tipo e genere, centri diurni, ambulatori e laboratori di analisi, accreditati con le Asl. Nel mondo dell’Assistenza domiciliare integrata ha oltre l’80% di erogatori accreditati.

Inoltre, bisogna ricordare che i medici di medicina generale, i pediatri, i medici di continuità assistenziale e le guardie turistiche sono tutti soggetti convenzionati.

Secondo il Rapporto Censis un’importante differenza tra pubblico e privato è l’attesa alla prestazione. Un paziente, difatti, aspetta circa 60 giorni per poter accedere alle strutture pubbliche, mentre si ricorre spesso a visite specialistiche e ad analisi sia in strutture private “accreditate”  in meno della metà del i giorni, spendendo però circa 600 euro l’anno per cittadino.

Il contributo del privato accreditato al contenimento delle liste d’attesa

L’esistenza di liste e tempi d’attesa per le prestazioni sanitarie contraddistingue ogni sistema pubblico organizzato su base universalistica e rappresenta uno strumento di razionamento reale implicito della domanda di salute. Quando, però, i tempi di attesa diventano incongruenti rispetto alla natura della prestazione e al livello di urgenza che essa riveste in considerazione della complessità-gravità si determina un bias, una distorsione nella capacità di risposta del sistema“, evidenzia l’Aiop nazionale.

E’ possibile immaginare una strada comune tra pubblico e privato nella sanità?

Per chi gestisce le strutture sì, anche se l’Aiop evidenzia che “al paziente non interessa la natura giuridica della struttura ospedaliera alla quale si rivolge”.

di Giorgia Görner Enrile.

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