Sanità in Sicilia

Prevenzione suicidi nelle carceri, potenziata la sinergia fra Asp di Catania e Istituti penitenziari del territorio

Sono stati siglati presso la Direzione generale dell’Asp di Catania, i protocolli d’intesa, fra l’Azienda sanitaria catanese e le Case circondariali della provincia di Catania, finalizzati all’implementazione delle attività per la prevenzione del rischio suicidario nelle carceri.

Gli accordi sono stati firmati dal  Maurizio Lanza, direttore generale dell’Azienda sanitaria catanese e, per i singoli Istituti di pena, rispettivamente dalla dottoressa Elisabetta Zito (direttore della Casa circondariale di Piazza Lanza), dal dottore Giuseppe Russo (direttore della Casa circondariale di Bicocca), dalla dottoressa Giorgia Gruttadauria (direttore della Casa circondariale di Caltagirone), e dalla dottoressa Milena Mormina (direttore della Casa circondariale di Giarre).

Presenti, inoltre, per l’Asp di Catania, il dottore Carmelo Florio, in rappresentanza del direttore del Dipartimento di Salute mentale; il dottore Roberto Ortoleva, coordinatore staff del DSM; il dottore Franco Luca, direttore del Distretto sanitario di Catania; la dottoressa Salvatrice Riillo, responsabile dell’UOS di Sanità penitenziaria.

I protocolli si inseriscono nella cornice del Piano regionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario adulti e attuano le procedure necessarie per aggiornare i Piani locali di prevenzione del rischio suicidario, già vigenti, uniformandoli alle indicazioni dell’Assessorato regionale alla Salute, dettate con il decreto del 28 novembre 2018.

Tutti gli interventi predisposti saranno coordinati dal Dipartimento di Salute mentale, di concerto, per quanto di competenza, con le Amministrazioni penitenziarie e con i servizi della sanità penitenziaria.

«Stiamo costruendo una pagina nuova delle relazioni fra le Istituzioni – ha detto il Lanza -. I protocolli esprimono la comunità d’intenti e agevolano lo scambio di culture e competenze per definire un modello condiviso e sicuro di approccio al problema. Questi sono gli effetti virtuosi della riforma della sanità penitenziaria, chiari nello spirito della norma e nelle linee dettate dall’Assessorato regionale alla Salute, guidato dall’avv. Ruggero Razza. In questo lavoro ritengo, inoltre, fondamentale l’investimento nella formazione e nella costruzione di luoghi, mentalità e linguaggi comuni finalizzati a una presa in carico globale della persona detenuta».

 La prevenzione dei suicidi

In applicazione del Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti, il Piano regionale intende perseguire l’obiettivo di prevenire le condotte suicidarie nell’ambito degli Istituti penitenziari della Regione Siciliana.

Questa finalità impegna le amministrazioni coinvolte nella scelta di strategie operative per l’adozione di metodologie innovative improntate all’integrazione più efficace delle reciproche competenze.

«Le attività oggetto dei singoli protocolli sono tese alla tutela della persona detenuta e della sua salute anche nell’Istituzione carceraria – afferma il dottore Russo -. Con questo aggiornamento puntiamo a migliorare ulteriormente contenuti e procedure già definiti in precedenti accordi e a fare in modo che particolari aspetti vengano maggiormente curati e portati a compimento in tempi più celeri e magari in maniera più compiuta».

Analisi del rischio suicidario e individuazione del livello di sorveglianza

All’atto dell’ingresso dei detenuti in ciascun Istituto, anche provenienti da altre strutture penitenziarie, è prevista la valutazione del rischio suicidario e l’attivazione di una fase d’osservazione al fine di individuare potenziali fattori di rischio e di approfondire la conoscenza del detenuto stesso attuando un regolare follow up.

«Nel Carcere di Piazza Lanza è istituito il servizio “Nuovi Giunti” – spiega la dottoressa Zito che si attiva immediatamente dopo l’immatricolazione del detenuto nuovo arrivato e che prevede l’effettuazione di una visita di primo ingresso al fine di definire gli eventuali profili assistenziali da implementare. Con questo servizio, unico esempio sul territorio, intendiamo accompagnare l’intervento penale, di pari passo, con la diagnosi e l’individuazione della natura del problema che porta al reato. Ritengo, infatti, che se non si realizza questo bilanciamento, si giungerà certamente all’espiazione della pena, ma il cittadino che uscirà fuori sarà portatore di una problematica, che è spesso sanitaria, che durante il periodo di detenzione non sarà affrontata».

 Gli strumenti e le procedure operative

I singoli protocolli, siglati questa mattina, sono stati redatti tenendo conto delle specificità di ciascun Istituto di pena, con particolare considerazione per gli aspetti etici e psicologici connessi.

Sono stati aggiornati i Piani locali di prevenzione (PLP) di ciascuna Casa Circondariale, sono stati individuati precisi strumenti operativi e sono stati definiti, altrettanto precisi, protocolli operativi clinici, in conformità con le linee guida nazionali e regionali.

«Questi protocolli – afferma la dottoressa Morminaesprimono il comune impegno delle Istituzioni, carcerarie e sanitarie, a realizzare una presa in carico globale della persona detenuta, assicurando livelli di assistenza uguali e in linea con quelli garantiti sul territorio. Tutto ciò è parte di un processo che vede il Carcere come parte della società e non come luogo di separazione dalla società».

La formazione

In continuità con le attività già svolte, grande attenzione è rivolta alla formazione dei care givers della popolazione detenuta e del personale coinvolto nella gestione diretta dei detenuti, secondo modalità integrate concordate dalle Direzioni dei singoli Istituti penitenziari e dalla Direzione generale dell’Asp di Catania.

«La formazione multidisciplinare è l’unico strumento che abbiamo per contrastare realmente questo fenomeno – spiega la dottoressa Gruttadauria e per fornire al personale, che è sempre in prima linea, le competenze e gli strumenti per cogliere meglio i segnali del disagio, decifrare il livello del rischio, acquisire e trasmettere le informazioni appropriate e per lavorare integrandosi con altre figure professionali».

Dal 2017 ad oggi, sono stati già formati 250 operatori.

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