La Sicilia sta costruendo pezzo dopo pezzo una rete di prevenzione più vicina ai cittadini. E lo sta facendo soprattutto attraverso gli Open Day itineranti, giornate in cui le Asp portano ambulatori mobili, screening oncologici, visite specialistiche e servizi amministrativi direttamente nelle piazze, nei quartieri periferici e nei piccoli comuni dell’Isola.
In Sicilia gli Open Day itineranti organizzati dalle Asp rappresentano ormai uno strumento fondamentale per promuovere la prevenzione oncologica tra la popolazione. In un territorio caratterizzato da un’adesione agli screening ancora molto bassa, queste iniziative sul campo permettono di avvicinare i servizi sanitari a chi, altrimenti, resterebbe escluso.
Secondo i dati del Dipartimento Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico (Dasoe), nei primi nove mesi del 2025 l’adesione agli screening oncologici non ha ancora raggiunto i Livelli Essenziali di Assistenza con il 27,8% della popolazione target ha fatto la mammografia, il 25,1% lo screening per la cervice uterina, mentre solo il 12% ha effettuato il test per il colon-retto. rispondono, e le percentuali restano ben al di sotto di quanto auspicato per una prevenzione efficace.
Il divario regionale negli screening
Il rapporto PASSI Sicilia 2022-2023 fornisce un’ulteriore fotografia reale del problema, mostrando come solo il 51% delle donne tra i 50 e i 69 anni ha effettuato la mammografia nell’ambito di un programma organizzato. Sempre dal rapporto PASSI emerge che il 28% dei 50–69enni ha eseguito il test del sangue occulto nelle feci negli ultimi due anni, secondo quanto raccomandato, mentre solo il 9% ha effettuato una colonscopia preventiva negli ultimi cinque anni. Questi dati mostrano chiaramente che il problema non è solo l’invito, ma anche la presa in carico della prevenzione da parte della popolazione e la disomogeneità nell’effettiva partecipazione.
Il problema della mobilità sanitaria
Il costo medio nazionale di un ricovero ha raggiunto i 4.444 euro, con un aumento del 9% rispetto al 2019. Ma nelle regioni che guidano l’attrazione, i costi sono ancora più alti: 4.935 euro in Lombardia, seguita da Emilia-Romagna e Veneto. Il quadro è quello di un Paese “spaccato”, come confermato dai saldi economici. Sicilia, Calabria e Campania sono le regioni che subiscono le perdite maggiori: –211,3 milioni la Sicilia, –191,8 milioni la Calabria, –139,6 milioni la Campania. Tutte e tre presentano un tasso di attrazione inferiore all’1% e un indice di soddisfazione della domanda interna (ISDI) sotto la soglia di 1, un segnale di incapacità strutturale di trattenere i propri pazienti.
Il dato assume un peso ancora maggiore se si considera che Sicilia, Calabria e Campania – insieme a Puglia e Sardegna – assorbono il 57,4% della spesa nazionale per la mobilità sanitaria non confinante, pari a circa 587 milioni di euro. A rivolgersi al Nord non sono più soltanto i pazienti affetti da tumori o patologie rare ma aumenta anche chi si sposta per esami diagnostici o prestazioni di base, spesso a causa delle liste d’attesa e della scarsa disponibilità di servizi sul territorio.
Sul versante opposto, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna consolidano il loro ruolo di poli sanitari nazionali. La Lombardia registra un saldo positivo di +383,3 milioni di euro, l’Emilia-Romagna conferma una crescita costante e il Veneto raggiunge +52,6 milioni di euro solo per la specialistica ambulatoriale. Tutte e tre superano la soglia dell’ISDI pari a 1, indice di una capacità produttiva superiore alla domanda interna.
In Sicilia, la Regione ha avviato negli ultimi anni diverse strategie per cercare di ridurre la fuga dei pazienti. Tra queste figurano il rafforzamento delle reti ospedaliere, in particolare nei settori oncologici e cardiologici, l’ampliamento delle convenzioni con il privato accreditato e un piano per abbattere le liste d’attesa, sostenuto anche dai fondi del PNRR. Nonostante ciò, l’Isola continua a spendere oltre 200 milioni di euro l’anno per la mobilità sanitaria, risorse che potrebbero essere reinvestite localmente per migliorare qualità, prossimità e continuità dei servizi.
Il valore strategico degli Open Day
Gli Open Day diventano un momento di sensibilizzazione ma anche di semplice accesso. Le persone possono fare test, visite e consulenze senza doversi spostare troppo, senza lunghe liste e senza le complicazioni logistiche di un percorso ordinario. Questo modello, se ben consolidato, può davvero contribuire ad aumentare l’adesione agli screening e a intercettare condizioni silenti in popolazioni altrimenti disconnesse dal sistema sanitario.
Tuttavia, per essere efficaci nel lungo termine, gli Open Day non possono essere un palliativo occasionale. Serve che siano integrati in una rete di sanità territoriale stabile, con percorsi strutturati, coinvolgimento dei medici di base, promemoria sistematici e una comunicazione permanente.
Rafforzare la sanità di prossimità significa rendere la prevenzione realmente accessibile, ridurre i viaggi per cure e migliorare la fiducia nella sanità locale. Se la Sicilia riuscirà a capitalizzare il potenziale degli Open Day, potrebbe trasformare questa strategia in un volano per ridurre almeno in parte il divario con il Nord.