Sanità in Sicilia

La retinopatia diabetica, dalla diagnosi alla riabilitazione: il convegno a Palermo

Concordiamo ormai nel definire il diabete una patologia sociale, sia per l’incidenza sempre in continua crescita, solo in Italia si contano oltre 3,3 milioni di persone affette da diabete noto, sia perchè colpisce tutte le fasce di età  e aree che prima non conoscevano tale patologia, come la Cina. Ma è anche una malattia sociale per la pesantezza con cui incide sui costi del sistema sanitario nazionale, vista la sua cronicità e progressività, la molteplicità delle sue complicanze e visto che rappresenta una tra le più imponenti cause di morte a livello mondiale.

Il diabete può causare complicanze acute o croniche che interessano svariati tessuti e organi, tra questi solitamente i più colpiti sono il cuore, i reni e gli occhi.

Noi, in qualità di Associazione dei Retinopatici e degli Ipovedenti Siciliani, possiamo parlare delle complicanze oculari, principalmente della retinopatia diabetica – ma sappiamo tutti che il diabete può causare anche maculopatie, edemi e glaucoma secondario – e a questa grande problematica abbiamo dedicato un convegno, “La retinopatia diabetica, dalla diagnosi alla riabilitazione”, che si terrà giorno 28 giugno nell’Aula Magna “M. Vignola” dell’Ospedale “V. Cervello” di Palermo, un importantissimo momento di confronto tra tutti gli specialisti, dell’ASP e degli Ospedali palermitani, che sono chiamati in causa nella presa in carico di un paziente con diabete e con retinopatia diabetica: medici di base, diabetologi, oculisti, ortottisti, assistenti sociali, psicologi ed esponenti del terzo settore. Obiettivi di questo convegno sono l’attività di prevenzione attraverso l’informazione e la strutturazione di un dialogo tra gli esperti del settore che miri all’individuazione di un percorso diagnosi, terapia e assistenza che possa condurre non solo alla riduzione della spesa sanitaria ma anche, e soprattutto, al miglioramento della qualità della vita del paziente.

La retinopatia diabetica rappresenta la principale causa di ipovisione e cecità in età lavorativa, quindi tra i 25 e i 60 anni, nei paesi sviluppati. La gravità e la complessità delle sue conseguenze richiedono un’azione che sia non solo globale sul paziente, ma anche multidisciplinare e su più livelli.

Questo vuol dire che il paziente che con l’avanzamento della sua patologia deve passare dallo specialista territoriale a quello ospedaliero necessita di essere accompagnato in questo passaggio, e ciò non può prescindere dalla strutturazione di un iter che va dalla diagnosi all’assistenza, che sia condiviso tra i professionisti.

Proprio per questo era nata la proposta del PDTA del paziente con retinopatia diabetica che 3 anni fa era stata strutturata dall’ASP di Palermo e dalla commissione di diabetologia. Un percorso di diagnosi, terapia ed assistenza che collegava tutti gli operatori attraverso sistemi telematici e cartelle informatizzate cosicchè condividessero tutti i dati e la storia di ciascun paziente. Un’intuizione degna di nota ma che ancora dopo anni non si è trasformata in nulla di tangibile, a continuazione dell’ormai vecchio e inefficace modo di  intendere la sanità come competenza esclusiva invece che trasversale e condivisa.

Eppure per noi era stata tre anni fa fonte di grande ispirazione tanto da farci impegnare nella realizzazione di un opuscolo, “Occhio al diabete! Dalla diagnosi alla riabilitazione visiva” – in collaborazione con l’équipe multidisciplinare che segue il paziente nel passaggio dal territorio all’ospedale, con le associazioni dei diabetici e con i Comitati Consultivi delle Aziende Sanitarie –, giunto oggi è alla sua seconda ristampa, che voleva e vuole ancora essere una semplice e lineare indicazione delle azioni base che, a livello territoriale e ospedaliero, i professionisti coinvolti a diverso titolo nella cura del paziente diabetico e con retinopatia diabetica potrebbero condividere e portate avanti.

Non posso che concludere che con l’auspicio di una maggiore interrelazione tra diabetologi e oculisti territoriali e ospedalieri, magari con la strutturazione di un dipartimento dedicato che possa servire al paziente per seguire un unico e lineare iter di cura che riduca i tempi e i costi della spesa sanitaria e nel contempo assicuri un miglioramento della qualità della vita del paziente diabetico e dei suoi familiari.

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