Sanità in Sicilia

I numeri del cancro in Sicilia: stimati circa 27 mila nuovi casi

In Sicilia, nel 2018, sono stati stimati 27.150 nuovi casi di tumore (13.900 uomini e 13.250 donne). Un dato in costante crescita, erano 25.700 nel 2016 e 25.950 nel 2017.

Le cinque neoplasie più frequenti nell’Isola sono quelle del colon-retto (3.900), mammella (3.700), polmone (2.900), prostata (2.400) e vescica (2.150).

Le percentuali di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi, pari al 60% fra le donne e al 52% fra gli uomini, collocano la Regione al terzultimo posto in Italia, prima di Sardegna (60% e 49%) e Campania (59% e 50%).

I motivi sono da ricondurre soprattutto alla scarsa adesione ai programmi di screening e agli stili di vita scorretti: fumo, sedentarietà e sovrappeso sono particolarmente diffusi fra gli abitanti dell’isola.

È la fotografia dei tumori in tempo reale che ci fornisce l’ottava edizione del volume “I numeri del cancro in Italia” realizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), da Fondazione AIOM e PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), corredata dei dati di confronto regionale di incidenza, sopravvivenza, prevalenza e mortalità di tutti i tumori. L’edizione del 2018 è presentata oggi a Palermo con l’intervento di Ruggero Razza, assessore alla Salute della Regione Siciliana.

I progetti iniziati con questa esperienza amministrativa – spiega l’assessore Razza – cominciano ad assumere una propria definizione. Due giorni fa abbiamo presentato il PDTA (percorso diagnostico-terapeutico assistenziale) per il tumore della mammella che definisce un modello condiviso per il trattamento di questa neoplasia, consentendo a tutte le pazienti di ricevere cure uniformi in ogni parte dell’isola e colmando lacune presenti da tempo”.

In questo senso – continua l’Assessore – anche l’istituzione della rete oncologica siciliana (Re.O.S.) costituisce un segnale importante. I piccoli ospedali vanno messi in rete con quelli più attrezzati, in modo che vi sia circolazione delle esperienze. Un network di questo tipo offre la possibilità di integrare tutte le professionalità, gli strumenti e le competenze coinvolti nella gestione del problema oncologico, di condurre il paziente attraverso le diverse fasi di malattia senza soluzione di continuità e, soprattutto, di assicurare un’omogeneità territoriale delle cure e la diffusione capillare di elevati standard di qualità. Riteniamo che la ricaduta in termini di efficacia ed efficienza possa essere immediata. La rete consente anche di contrastare le migrazioni sanitarie: ogni cittadino ha il diritto di ricevere le cure migliori vicino al domicilio”.

Ogni giorno, in Sicilia, vengono diagnosticati circa 75 nuovi casi – spiega Roberto Bordonaro, segretario nazionale AIOM e direttore Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera Garibaldi di Catania -. I dati raccolti da AIOM e AIRTUM sono un importante contributo di conoscenze su cui basare i processi di pianificazione degli interventi sanitari e di allocazione delle risorse; essi ci dicono, ad esempio, come non siano più rinviabili programmi efficaci di prevenzione secondaria, alle cui carenze degli anni passati sono da attribuirsi le drammatiche differenze di aspettativa di vita che si continuano a registrare tra i pazienti oncologici del Meridione rispetto a quelli del centro-nord del Paese, né come non si possa più prescindere dalla istituzione di una rete oncologica che garantisca approcci di cura che siano qualitativi ed omogenei su tutto il territorio siciliano nel caso di specifici tumori. Anche nell’ambito della prevenzione primaria possiamo e dobbiamo fare ancora molto: è scientificamente provato infatti che il cancro è la patologia cronica che più risente delle misure di prevenzione, con oltre il 40% dei tumori che potrebbero essere evitati intervenendo sugli stili di vita (abbandono dell’abitudine al fumo, attività fisica costante e dieta corretta). Purtroppo i siciliani sembrano ignorare l’importanza degli stili di vita sani: il 43,5% è sedentario, il 34,3% è in sovrappeso e il 13,1% obeso, percentuali superiori rispetto alla media nazionale (rispettivamente pari al 33,6%, 31,7% e 10,7%); allo stesso tempo è anche più alto il tasso dei tabagisti, pari al 28,6% (26% in Italia). Un altro aspetto rilevante, anche se troppo spesso sottovalutato, riguarda l’impatto degli stili di vita scorretti nelle persone che hanno già ricevuto una diagnosi di cancro”.

“In Italia, fra i cittadini con tumore, è elevata la quota di fumatori abituali (20%), l’11% fa un consumo di alcol rischioso per la salute e il 38% è sedentario – afferma Antonio Russo, membro del direttivo nazionale AIOM e ordinario di Oncologia Medica presso l’Università degli Studi di Palermo -. In realtà, i vantaggi del movimento sono chiari. Ad esempio, uno studio che ha coinvolto più di 1.200 pazienti con tumore del colon-retto in fase metastatica ha dimostrato che la mortalità si è ridotta del 19% e la progressione della malattia del 16% nelle persone che hanno svolto 30 minuti di attività fisica moderata al giorno. Inoltre, ingrassare dopo la diagnosi di cancro della mammella e durante le terapie successive è strettamente correlato al rischio di recidiva. Uno studio su più di 3.000 donne con questa malattia ha evidenziato che l’assunzione eccessiva di grassi è correlata con un incremento del 24% del rischio di recidiva. Non solo. Bastano 150 minuti di attività fisica a settimana per ridurre del 25% la mortalità per tumore della mammella nelle pazienti che hanno già ricevuto la diagnosi rispetto alle sedentarie. E ingrassare di 5 Kg può incrementare fino al 13% la mortalità per questa neoplasia”.

Oltre agli stili di vita scorretti, nell’isola anche la scarsa adesione ai programmi di screening influisce negativamente sulle percentuali di sopravvivenza a 5 anni.

Nel 2016, in Sicilia, solo il 31% delle donne ha effettuato la mammografia per la diagnosi precoce del tumore del seno (56% Italia), il 25% ha eseguito il Pap test per la diagnosi iniziale del tumore del collo dell’utero (40,5% Italia) e solo il 16% dei siciliani si è sottoposto al test per la ricerca del sangue occulto nelle feci per individuare in fase precoce il cancro del colon retto (40% Italia).

Alla fine del 2008, in Sicilia, erano attivi lo screening del cervicocarcinoma in 4 Aziende Sanitarie Provinciali (ASP) su 9 e quello mammografico in 2 ASP; in nessuna lo screening del tumore del colonretto. Nel luglio 2009 è stato predisposto il “Progetto per il miglioramento degli screening oncologici nella Regione Sicilia”. Sono quindi iniziati gli inviti per lo screening del cervicocarcinoma in tutte le ASP, quelli per lo screening mammografico e per lo screening del tumore del colonretto in 8 ASP su 9. Recentemente un Decreto Assessoriale (n. 1845) ha ridefinito le Direttive per l’esecuzione degli screening oncologici in Sicilia, prevedendo le Unità Operative Screening.

Da consigliere AIRTUM non posso che esprimere soddisfazione per il dato che vede la Sicilia, assieme al Veneto e alla Lombardia, fra le prime Regioni italiane che vantano una copertura del 100% in termini di sorveglianza epidemiologica della popolazione residente – afferma Walter Mazzucco, consigliere nazionale AIRTUM -. Questo risultato è stato possibile grazie ad una forte vocazione epidemiologica documentata dalle nostre università, che ha trovato supporto nel territorio attraverso un motivato e competente gruppo di operatori dei registri tumori, supportati da AIRTUM e dall’instancabile coordinamento del DASOE dell’Assessorato Regionale per la Salute. Il secondo motivo di soddisfazione, da medico di Sanità Pubblica, è che comunque, nonostante il numero di tumori diagnosticato ogni anno aumenti in Sicilia, la incidenza dei tumori è comunque ancora più bassa rispetto al centro e al nord dell’Italia, anche se questo vantaggio di salute si va sempre più assottigliando nel tempo. Confidiamo di poter quanto prima documentare con gli indicatori adeguati l’effetto prodotto dall’impegno profuso dalle Aziende siciliane nella promozione ed estensione degli screening oncologici di popolazione, al primo posto tra gli obiettivi del Piano Regionale di Prevenzione”.

Nell’Isola ci sono quattro S.I.N. (Siti di Interesse Nazionale con priorità di bonifica), istituiti, in alcuni casi, più di due decenni fa: Gela e Priolo tra il 1998 e il 2000, Milazzo e Biancavilla tra il 2002 e il 2006 – sottolinea Dario Giuffrida, coordinatore AIOM Sicilia e direttore Oncologia Medica presso l’Istituto Oncologico del Mediterraneo (Catania) -. Per tutti, lo stato di avanzamento degli interventi di bonifica del suolo o delle acque superficiali e sotterranee non è ancora avanzato. Queste aree devono essere monitorate con particolare attenzione. Va affrontato anche il tema della sostenibilità. L’impatto, non solo economico, dei tumori è in costante crescita perché legato al progressivo invecchiamento della popolazione. Per ottimizzare l’impiego delle risorse disponibili, è fondamentale indagare quali aspetti del sistema sanitario non corrispondano a rigidi criteri di efficacia ed efficienza: strutture, ospedali, enti che potrebbero essere gestiti al meglio per potenziare la qualità dei servizi”.

In Sicilia nel 2015 (ISTAT, ultimo anno disponibile) sono stati 12.404 i decessi attribuibili a tumori maligni (6.978 uomini e 5.426 donne). Nella Regione la neoplasia che ha fatto registrare il maggior numero di decessi è quella del polmone (2.375), seguita da colon-retto (1.522), mammella (958), prostata (631) e stomaco (556).

Sono quasi 3 milioni e quattrocentomila gli italiani che vivono dopo una diagnosi di cancro – conclude Stefania Gori, presidente nazionale AIOM e direttore dipartimento oncologico, IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar -. È un numero importante che evidenzia il peso della patologia oncologica e lo sforzo continuo per migliorare la sopravvivenza dei pazienti non solo in termini quantitativi ma anche di qualità di vita. Oggi le due neoplasie più frequenti, quella della prostata negli uomini e della mammella nelle donne, presentano sopravvivenze a 5 anni pari a circa il 90%, con percentuali ancora più elevate quando la malattia è diagnosticata in stadio precoce. Risultati sicuramente incoraggianti, che ci spingono a impegnarci ancora di più sia sul fronte della ricerca che della prevenzione”.

 

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