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Hikikomori, parla l’esperto: “È un fenomeno problematico e il Covid non ha aiutato”

Un fenomeno di cui non si parla abbastanza, che nasce dall’isolamento, che resta ancora quasi “invisibile” come chi ne soffre: sono gli Hikikomori. Questo termine nasce in Giappone diversi anni fa e letteralmente significa “stare in disparte”. Gli Hikikomori infatti sono, per la maggior parte, ragazzi (per lo più maschi) tra i 17 e i 23 anni che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria camera da letto, senza più avere nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno.

Col tempo questo fenomeno si è espanso in tutto il mondo, arrivando anche in Italia. A parlarcene è Francesco Golia, psicoterapeuta palermitano e fondatore insieme a Roberto Zuccaro e Federica Lisciandrelli, dell’associazione “Iride“, che accoglie e aiuta tutti i ragazzi affetti da questo disturbo.

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È un fenomeno sociale problematicosostiene Golia – e il covid non ha aiutato chi già era predisposto. Infatti i ragazzi che prima mostravano una tendenza all’isolamento hanno trovato ‘terreno fertile’ nelle nuove abitudini di reclusione dovute alla pandemia“.

Gli Hokikomori – continua – sono degli adolescenti e dei ragazzi che, partendo dalle altissime aspettative familiari, si devono poi confrontare con la realtà e la società e sfruttano l’isolamento come ‘cura’“. Questo innesca un meccanismo di ansia da prestazione, che si traduce poi con l’isolamento quando ci si rende conto di non essere all’altezza del giudizio che prima di tutto parte dalla famiglia. Le associazioni come Iride nascono con l’intento di fornire un’alternativa al territorio su come trattare questo particolare disturbo, predisponendo anche un supporto alla famiglia: “Di norma se ne occupa il servizio pubblico, noi abbiamo voluto offrire un servizio trasversale, un’alternativa per le famiglie in difficoltà. È necessario che chi abbia casi in famiglia chieda aiuto“.

L’obiettivo è di fornire un supporto a più livelli – prosegue Golia – diamo un aiuto al ragazzo con la terapia domiciliare, a volte, parlando da dietro una porta, ma vogliamo porre l’attenzione anche sulla famiglia e la scuola. È importante perché solitamente, sin da piccoli, vengono investiti da progetti troppo ambiziosi e quindi da tante pressioni, poi deluse dal confronto con la realtà, che spesso è quella scolastica. Noi puntiamo al reinserimento di questi ragazzi nei contesti sociali e di vita normale“, afferma Francesco.

Gli Hokikomori più stanno in casa e più ne hanno bisogno, e nei casi più gravi questo isolamento può portare anche alla depressione o al suicidio: “Non abbandonatevi a voi stessi se avete un caso vicino a voi – conclude Golia -, chiedete aiuto”.

di Paola Chirico
© Riproduzione Riservata
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