Sanità in Sicilia

Gocce di anatomia: un approfondimento sulla gastrite

Cari lettori,

una delle recenti puntate de “La buona salute” è stata dedicata ai disturbi gastrici (https://www.ilsicilia.it/la-buona-salute-31-puntata-disturbi-gastrici-e-ricadute-psicologichevideo/), affezioni abbastanza frequenti nella popolazione. Per offrire ai lettori interessati al tema un quadro più completo sull’argomento trattato, abbiamo quindi ritenuto utile dedicare la puntata odierna di questa rubrica all’anatomia dello stomaco.

L’organo gastrico si trova nella porzione superiore della cavità addominale, al di sotto del diaframma. La sua forma è stata spesso paragonata a quella di un sac a poche nel quale identifichiamo due facce (anteriore e posteriore), due margini (piccola curvatura, a destra, e grande curvatura, a sinistra e in basso) e quattro porzioni, ossia il cardias (in continuità con l’esofago), il fondo (in rapporto col diaframma), il corpo (la porzione più sviluppata) e il piloro (suddiviso a sua volta in antro e canale, quest’ultimo in continuità col duodeno).

Anteriormente, proiettandosi nella regione epigastrica della parete anteriore dell’addome, lo stomaco è parzialmente coperto dall’arcata costale sinistra mentre la restante parte è esplorabile alla palpazione per l’intermediazione della parte superiore del muscolo retto addominale. Lateralmente è in rapporto col fegato (a destra) e la milza (a sinistra), posteriormente col pancreas e inferiormente col colon trasverso.

Piuttosto che dilungarci in aspetti descrittivi macroscopici (indiscutibilmente utili al medico per l’approccio semeiologico fisico e strumentale a quest’organo), troviamo utile dare al lettore interessato a comprendere le basi della fisiopatologia gastrica alcune informazioni sulla sua struttura. Lo stomaco è un organo cavo la cui parete è costituita da quattro tonache sovrapposte: dall’interno verso l’esterno descriviamo la mucosa, la sottomucosa, la muscolare propria e la sierosa (mancante in corrispondenza di parte del fondo, dove si rinviene un’avventizia).

La tonaca più interessante per comprendere l’etiologia della gastrite è sicuramente la mucosa. Essa è costituita a sua volta da tre strati: un epitelio di rivestimento (prospicente il lume gastrico), una lamina propria (fatta da tessuto connettivo nel quale si approfondano le ghiandole gastriche e sono presenti – tra gli altri elementi – vasi e fibre nervose) e una muscolaris mucosae (letteralmente, lo strato muscolare della tonaca mucosa, dal latino), quest’ultima costituendo una “barriera” atta a separare il tessuto connettivo della lamina propria da quello della sottomucosa, sulla cui importanza ritorneremo più avanti.

Francecso Cappello

L’epitelio e la lamina propria formano morfo-funzionalmente un tutt’uno comprendente – per lo più – le già citate ghiandole gastriche. Ne esistono di tre tipi: quelle cardiali (rinvenibili per l’appunto nel cardias), quelle ossintiche (presenti nelle regioni del fondo e del corpo) e quelle piloriche (tipiche di quest’ultima porzione).

Le ghiandole più numerose sono le ossintiche (dal greco ὀξύνω, ossia “rendere acido”) in quanto non si limitano come le altre a produrre muco (utile per tamponare l’acidità gastrica nelle regioni di confine con l’esofago e il duodeno, che ne sarebbero lesionati) e ormoni (regolatori il funzionamento dell’intero tratto gastroenterico), ma possiedono due citotipi unici, le cellule “delomorfe” (dal greco δῆλος,”evidente” e μορφή cioè "forma") e quelle “adelomorfe” (l’α- privativa, sempre dal greco, sta ad indicare che la loro morfologia, al microscopio, appare meno netta, più sfumata).

Le prime sono responsabili della produzione di acido cloridrico (che acidifica il lume gastrico) e fattore intrinseco (importante per l’assorbimento di calcio, ferro e vitamina B12), mentre le seconde producono enzimi digestivi (quali pepsinogeno, lipasi e rennina) alcuni dei quali si attiveranno nel lume gastrico grazie all’acidità tipica di questo ambiente. Tutte queste sostanze ovviamente vengono secrete durante la digestione, mentre queste cellule sono “a riposo” tra un pasto e l’altro.

Non potendo approfondire, per brevità, il tema delle caratteristiche morfofunzionali delle ghiandole ma volendo invece spendere adesso qualche parola proprio sull’acidità gastrica, cominciamo col dire che essa varia in base alla regione dello stomaco nella quale la si misura così come (ovviamente) nei diversi momenti funzionali (replenezza o svuotamento) di quest’organo, essendo per lo più in un range di pH compreso tra 1,5 e 4.

Lo stomaco si protegge dalla retrodiffusione degli ioni idrogeno (H+), potenzialmente lesivi e irritanti, sia attraverso il sottile film di muco che ricopre la sua parete, prodotto dalle sue stesse ghiandole, sia attraverso alcune giunzioni tra le cellule epiteliali di rivestimento. Tuttavia, possono essere numerose le cause (estrinseche e intrinseche, parafisiologiche e fisiopatologiche) nelle quali questi meccanismi diventano inefficaci e la lamina propria viene raggiunta da una quantità di idrogenioni tale da risentirne, in quanto questi ioni da un canto sono in grado di stimolare le fibre nervose viscerosensitive presenti a questo livello, procurando senso di malessere e bruciore al soggetto, dall’altro hanno un effetto proinfiammatorio (infiammazione gastrica = gastrite), determinando vasodilatazione ed edema e reclutando cellule infiammatorie, che rilasciano altre sostanze dolorifiche, alimentando il circolo vizioso.

Se il disturbo non si interrompe, si può avere una disepitelizzazione (perdita dell’epitelio di rivestimento della mucosa) e ciò causa le cosiddette erosioni gastriche. Se il fenomeno si cronicizza e l’erosione si espande e si approfonda, lesionando anche la muscolaris mucosae e giungendo alla sottomucosa (molto più riccamente vascolarizzata della lamina propria) si formano le ulcere, spesso sanguinanti.

La differenza più importante tra erosione e ulcera, da un punto di vista della biologia delle cellule della parete dello stomaco, è che le prime possono guarire facilmente (la mucosa dello stomaco, come quella dell’intestino, ha una spiccata capacità rigenerativa) mentre le seconde no: si formano in quella sede delle cicatrici e la rigenerazione diventa praticamente impossibile, al pari delle cicatrici che si formano in altri organi (ad esempio il cuore o il fegato) a seguito di lesioni strutturali irreversibili. Ecco l’importanza della muscolaris mucosae (a cui accennavamo prima) nel rappresentare una barriera per prevenire l’estensione della lesione erosiva dalla mucosa alla sottomucosa, trasformando le erosioni in ulcere.

La scoperta – ricordata nella puntata de “La buona salute” citata in premessa – del ruolo di un batterio (l’helicobacter pylori) nel peggiorare la prognosi delle gastriti e delle loro complicanze (erosioni, ulcere, fino al cancro gastrico) è legata alla capacità proinfiammatoria che questo microrganismo ha quando il rivestimento epiteliale gastrico è lesionato ed esso può raggiungere la lamina propria. La sua eradicazione è pertanto fondamentale per aiutare lo stomaco a rigenerarsi.

Come prevenire tutto ciò? Alla base ci sta senza dubbio un’alimentazione “sana” (cibi non elaborati e cotti il giusto): ciò che introduciamo nello stomaco può essere il primo fattore erosivo (ad esempio, i superalcolici). Sono altresì importanti le quantità: meglio piccoli pasti più frequenti che grandi abbuffate.

Non ha un ruolo marginale lo “stress”, in quanto stimolante quella divisione del sistema nervoso
(ortosimpatico) che inibisce il funzionamento gastrico, così come il fumo (la nicotina stimola la secrezione di acido cloridrico, anche a stomaco vuoto). Può avere invece un effetto protettivo l’esercizio fisico, in quanto regola – attraverso numerosi feedback neuro-ormonali che sarebbe impossibile descrivere in poche righe – il corretto funzionamento di quest’organo la cui importanza – ancestralmente – è stata legata anche alla sua posizione “centrale” nel nostro corpo. Avere cura del nostro stomaco, in conclusione, significa avere cura del nostro intero organismo, e viceversa.

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© Riproduzione Riservata
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