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Gocce di anatomia: lo smart working e la cervicalgia, le basi anatomiche

Cari Lettori,

Professore Francecso Cappello

in epoca di smart working abbondano su internet gli articoli che si soffermano sul dare buoni consigli per cercare prevenire l’insorgenza della cosiddetta “cervicale”, meglio definibile “cervicalgia”, ossia il dolore che insorge al collo trascorrendo molte ore, e magari con una postura sbagliata, davanti al computer. Vorrei quindi spendere qualche parola per descrivere le strutture anatomiche coinvolte nell’insorgenza di questa fastidiosa sindrome.

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Iniziamo col dire che, in anatomia, la parola “cervicale” è un aggettivo che si riferisce a tutte quelle strutture localizzate nella regione del collo, i cui limiti superiore e inferiore sono già stati descritti in un altro articolo (https://www.sanitainsicilia.it/gocce-di-anatomia-una-sciarpa-puo-salvarci-la-vita_408225/). Ciò che conferisce grande mobilità al nostro collo e, di conseguenza, alla testa che lo sovrasta sono le vertebre cervicali. Le vertebre sono le ossa che compongono la colonna vertebrale: le classifichiamo – suddividendole in tratti e denominandole in base alla loro localizzazione – in cervicali (a livello del collo), toraciche (a livello della cavità toracica), lombari (a livello della cavità addominale) e sacro-coccigee (a livello della cavità pelvica). Quelle del tratto cervicale e lombare sono le più mobili, essendo quelle degli altri due tratti “ancorate”, rispettivamente, allo scheletro della gabbia toracica e della pelvi.

La chinesiologia ci insegna che più una componente del nostro sistema locomotore è mobile, più quella struttura è “fragile”, ossia soggetta ad andare incontro a traumi o lesioni di varia natura ed entità, e i tratti cervicale e lombare della colonna vertebrale non fanno eccezione a questa regola. Oggi, come detto, focalizzeremo la nostra attenzione soltanto sul primo.

Il tratto cervicale della colonna vertebrale è costituito da sette vertebre, alcune delle quali con caratteristiche uniche. Ad esempio, la prima vertebra – differentemente da tutte le altre – ha una forma ad anello disposto su un piano orizzontale e ruotante attorno ad un “perno” che sporge dalla vertebra sottostante. La prima vertebra prende il nome di atlante (dal personaggio mitologico che sorreggeva la sfera celeste) in quanto su essa poggia il cranio. La seconda vertebra prende il nome di epistrofeo (dal greco “torcere” o “volgere” o “ruotare”) in quanto sul suo perno ruota l’atlante e, consensualmente ad esso, il cranio. Quest’ultimo, quindi, beneficia dell’articolazione tra l’atlante e l’epistrofeo per i movimenti di rotazione, ai quali tuttavia partecipano anche le altre articolazioni intervertebrali tra tutte le vertebre cervicali che – cumulativamente – consentono non solo la rotazione ma anche la flessione antero-posteriore, l’inclinazione laterale destra e sinistra e tutti gli altri movimenti intermedi che derivano dalla sommatoria dei precedenti.

Il cranio umano è una struttura pesante mediamente 5 chili e i suddetti movimenti sono attuati dalla robusta muscolatura cervicale, parte della quale è definita “nucale” (aggettivo che si riferisce alla parte posteriore del collo, la cosiddetta “nuca”). In questa regione distinguiamo muscoli profondi e muscoli superficiali; i primi sono per lo più muscoli di piccole dimensioni che collegano le vertebre tra di loro o esse con altre strutture scheletriche limitrofe. I secondi sono in genere muscoli di più vaste dimensioni (su tutti, citeremo il trapezio, o cucullare, già richiamato in un altro articolo di questa rubrica: https://www.ilsicilia.it/gocce-di-anatomia-linoculazione-del-vaccino-e-la-regione-del-muscolo-deltoide/).

Volendo generalizzare molto (e gli esperti di apparato locomotorie mi perdoneranno per questo), potremmo dire che i muscoli più piccoli sono importanti soprattutto per il mantenimento del tono posturale a riposo (in quanto, contraendosi, tengono stabile il tratto vertebrale), quelli più lunghi invece sono prevalentemente funzionali al compimento dei movimenti suddetti. Tenere la testa e il collo fermo nella stessa posizione per molto tempo equivale quindi a sforzare questi muscoli come se si tenesse sollevato un peso flettendo l’avambraccio sul braccio; in quest’ultimo caso, a dolere sarebbe il bicipite (e quindi il braccio), nel primo caso invece a dolere è il collo, scatenando la cervicalgia.

La condizione può essere aggravata da alcune situazioni concomitanti quali – ad esempio – la temperatura della stanza (più è fredda, più i nostri muscoli cercheranno di contrarsi per produrre calore, peggiorando la sintomatologia) o la presenza di patologie a carico delle arterie vertebrali, due importantissimi rami arteriosi che, originatesi dall’arteria succlavia (il grosso vaso arterioso che viaggia al di sotto della clavicola verso l’arto superiore), ascendono da ambo i lati del tratto cervicale della colonna vertebrale in degli stretti fori presenti nelle parti laterali di ciascuna vertebra, per entrare nel cranio e apportare sangue alle parti posteriori dell’encefalo dove – tra gli altri – si trovano il cervelletto e il lobo occipitale, il primo responsabile del mantenimento dell’equilibrio, il secondo coinvolto nell’interpretazione degli stimoli visivi. Ecco perché alcuni soggetti che soffrono di cervicalgia, se concomitantemente hanno un irrigidimento e/o una restrizione (arteriosclerosi e/o aterosclerosi) delle arterie vertebrali, possono avere episodi di annebbiamento della vista e perdita dell’equilibrio tali da determinarne anche la caduta. E, se si tratta di soggetti anziani e/o osteoporotici, le ulteriori complicanze sono facilmente prevedibili.

Come fare quindi a prevenire l’insorgenza della cervicalgia e delle sue complicanze? Come per tutte le altre strutture del nostro apparato locomotore, la parola chiave è sempre la stessa: esercizio fisico. Così come non ci sogneremmo mai di sforzare troppo un qualsiasi gruppo muscolare senza un adeguato allenamento, intervallato con delle fasi di riposo, lo stesso criterio dovremmo adottare per questa regione: non sforzare troppo i muscoli nucali, mantenendoli per un periodo continuativo eccessivamente lungo nella stessa posizione, ad esempio davanti al monitor del pc, e facendo fare un po’ di ginnastica ai muscoli del collo. Ovviamente, la ginnastica non si può né inventare né improvvisare, oggi ci sono degli specialisti (come i laureati in scienze motorie) che hanno le giuste competenze per insegnare a compiere gli esercizi corretti per mantenere la salute delle strutture muscolo-artro-scheletriche anche di questa importantissima regione anatomica. A loro vi rimando per tutte le successive, necessarie spiegazioni.

(Nota: l’immagine riprodotta, che mostra la regione della nuca, le vertebre cervicali e altre strutture descritte in questo articolo, è stata presa e modificata dal volume “Prometheus: Atlante di Anatomia”, seconda edizione italiana a cura di Francesco Cappello et al., Casa Editrice EdiSES, 2018, Napoli. Si ringrazia l’Editore)

di Francesco Cappello
© Riproduzione Riservata
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