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Disturbo ossessivo-compulsivo: come influisce nella vita quotidiana e come intervenire

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Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è un disturbo diffuso e cronico, caratterizzato dalla presenza di ossessioni e/o compulsioni, che interferiscono con la vita quotidiana, causando un disagio significativo. Può presentarsi sia nell’infanzia che nell’età adulta, anche se l’incidenza massima la si ha tra i 15 e i 25 anni. Colpisce circa il 2-2,5% della popolazione generale. In Italia, sono circa 800.000 le persone colpite da disturbo ossessivo compulsivo (DOC).

Come il nome lascia intendere, il disturbo ossessivo compulsivo prevede l’esistenza di sintomi quali ossessioni e compulsioni. Almeno l’80% dei pazienti ossessivi ha ossessioni e compulsioni, meno del 20% ha solo ossessioni o solo compulsioni.

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Le ossessioni sono pensieri, immagini o impulsi intrusivi e ripetitivi, percepiti come incontrollabili da chi li sperimenta. Tali idee sono sentite come disturbanti e solitamente giudicate come infondate o eccessive, inoltreattivano emozioni sgradevoli e molto intense, quali ansiadisgusto e senso di colpa.

Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi (come controllare, lavare/lavarsi, ordinare) o azioni mentali (pregare, ripetere formule, contare) finalizzati a contenere il disagio emotivo provocato dai pensieri e dagli impulsi che caratterizzano le ossessioni sopra descritte. Tali rituali diventano facilmente rigide regole di comportamento e sono decisamente eccessive, talvolta bizzarre agli occhi degli osservatori.

Nella pratica clinica si distinguono alcune tipologie di ossessioni e compulsioni. Le ossessioni più comuni sono:ossessioni di contaminazione (paura del contagio a seguito ad esempio del contatto fisico con oggetti possibilmente contaminati e pericolosi); ossessioni di danno (pensiero o immagini relative a potenziali a danni a sé o ad altri); ossessioni aggressive e/o autolesive ( “potrei perdere il controllo e assalire qualcuno”); ossessioni omosessuali, eterosessuali e pornografiche (idee o immagini ricorrenti a sfondo sessuale); ossessioni sulla propria relazione o di tradimento; ossessioni blasfeme. Le compulsioni più comuni sono: pulirsi frequentemente (in particolare lavarsi ripetutamente le mani); controllare per fugare i dubbi ossessivi (controllare più volte se si è chiusa la macchina o se si è spento il gas); mettere in ordine i propri oggetti mantenendo rigidi schemi; contare e ricontare oggetti; compulsioni mentali (ripetere una parola, una frase o una preghiera più e più volte nella propria mente).

Gli studi eseguiti sui gemelli omozigoti ed eterozigoti hanno evidenziato come una delle cause del disturbo ossessivo compulsivo sia la predisposizione genetica. Studi condotti su famiglie di pazienti con disturbo ossessivo compulsivo hanno dimostrato che i familiari hanno un rischio di sviluppare il DOC dalle 3 alle 12 volte superiore rispetto alla popolazione generale.

Studi approfonditi sui neurotrasmettitori hanno dimostrato, inoltre, che uno dei neuromodulatori maggiormente implicati nel DOC è la serotonina. Gli studi di neuroimaging hanno inoltre identificato le principali aree del cervello che sembrano essere correlate a questo disturbo: la corteccia orbito-frontaleil giro cingolato e il nucleo caudato mostrano infatti un aumento dell’attività metabolica.

Se il DOC non viene adeguatamente curato tende a cronicizzare e ad aggravarsi nel tempo.Tra i diversi tipi di trattamento riconosciuti dalle linee guida internazionali rientrano sia la farmacoterapia che il trattamento psicoterapico, focalizzato soprattutto sui trattamenti ad orientamento cognitivo-comportamentale (CBT).All’interno delle terapie farmacologiche, i trattamenti elettivi includono gli SRI (inibitori della serotonina), ed in particolare gli SSRI e la clomipramina.

Nella scelta del trattamento psicoterapico le linee guida favoriscono l’utilizzo dell’approccio ad orientamento cognitivo-comportamentale focalizzato soprattutto sull’uso dell’ERP (Esposizione e Prevenzione della Risposta). In particolare, oltre all’ERP, si sono rivelati efficaci l’ACT (Acceptance and Committmen Therapy) e le tecniche di tipo cognitivo.

di Valentina Palminteri
© Riproduzione Riservata
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