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Aggressione di gruppo in un reparto Covid: al Civico attimi di paura

A innescare l’ira che ha dato inizio alla violenta aggressione avvenuta all’interno dell’ospedale Arnas Civico di Palermo, sarebbe stata la notizia della morte di un’anziana signora a causa di una grave insufficienza respiratoria. Un vero e proprio assalto, messo in atto dai parenti della donna, che ha procurato diversi danneggiamenti ai locali del reparto. Le panchine dedicate ai pazienti in attesa sono state utilizzate per cercare di sfondare la porta d’ingresso, attimi di tensione per il personale sanitario e per i degenti. Immediato l’intervento della polizia.

“Ci chiediamo come sia possibile tutto ciò e come mai non vi è alcuna tutela del personale sanitario che sta affrontando l’emergenza Covid-19, tra innumerevoli criticità- è quanto chiedono i medici dell’ospedale Arnas Civico, facendo appello all’assessore alla salute- non si può pensare di cercare solo posti letto ma si deve dare la possibilità di lavorare in condizioni di sicurezza da tutti i punti di vista. Ci chiediamo inoltre quale sia la tutela che viene data ai nostri medici, infermieri e operatori socio sanitari rispetto alle violenze o alle richieste di risarcimento che sicuramente ci saranno, a nostro avviso non motivate, in questo periodo di grande emergenza pandemica e visto il grande impegno di tutti”.

Salemi_mobile

 

 

 

IL RACCONTO DELL’OPERATRICE SANITARIA

Durante il mio turno di guardia la paziente è deceduta, non appena usciti dal “percorso sporco” del reparto, io e il mio collega ci siamo premurati di comunicare l’avvenuto decesso ai familiari della paziente ai numeri registrati in cartella clinica. Il numero fisso da noi composto risultava inesistente, il numero di cellulare dopo almeno tre tentativi risultava irraggiungibile.

Intorno alle 23.15, ricevo una chiamata al numero della stanza medici, si trattava dei congiunti della deceduta, i quali alla mia comunicazione si profondevano in una serie di insulti e in reiterate minacce di morte nei miei confronti. Chiusa la telefonata, ho chiamato il 113 e chiesto il loro intervento. Chiamata al piano terra dagli agenti di polizia, ho raccontato quanto successo nell’intento di pre-allertarli. Intorno alle ore 01.00 del 7/11, il citofono della porta di accesso al reparto inizia a suonare in maniera estremamente insistente e io, insieme agli altri operatori in turno, sentiamo urla e schiamazzi fuori dalla porta.

Il portiere in servizio, da noi chiamato, ci conferma che un “commando di energumeni”, minacciandolo, era salito al secondo piano: preciso che la porta elettronica sita al piano terra, è guasta e quindi aperta. Naturalmente, ho immediatamente richiamato il numero di emergenza 113. Nell’attesa dell’arrivo della volante, sentiamo colpi più che vigorosi alla porta d’ingresso al reparto, e dall’interno ci accorgiamo che la maniglia della porta, stava cedendo.

Giunte le volanti di polizia, fornivo regolare resoconto dell’accaduto agli agenti e uscendo fuori dal corridoio del reparto per recuperare un mio documento di identità dall’armadietto posto in un improvvisato spogliatoio, mi accorgevo, anche su sollecitazione dell’agente che mi accompagnava, che le panche di ferro della sala d’aspetto del secondo piano erano state divelte e scagliate, “a mò di ariete” contro la porta del reparto nel tentativo di entrare. Ho sporto regolare denuncia contro ignoti.

LA REPLICA

Gli accertamenti della polizia sono in corso per definire con l’esattezza le dinamiche dell’accaduto, intanto la famiglia dell’anziana signora deceduta nella notte tra il 6 e il 7 novembre si oppone con forza a quanto raccontato dall’operatrice sanitaria. Secondo i familiari, da tempo la madre accusava malessere riguardo la permanenza in ospedale, inoltre sottolineano che la vicenda così come raccontata non corrisponde ai fatti accaduti. Sarà compito delle autorità competenti risalire alla dinamica dell’accaduto.

di Fabiola Pepe
© Riproduzione Riservata
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